Diorama

Mensile di attualità culturali e metapolitiche diretto da Marco Tarchi

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Comparsa dell’edonismo e dell’individualismo

18 Luglio 2007 Redazione

 

Comparsa dell’edonismo e dell’individualismo

Il modello giapponese di produzione si basava su uno Stato forte che conduceva una politica decisamente volontaristica, su un ampio accesso alle tecnologie e ai mercati esteri, su una grande sicurezza del posto di lavoro e delle remunerazioni (nenkójoretsu, salario per anzianità), su un sistema educativo particolarmente efficiente e infine su una larga flessibilità delle forme di organizzazione, caratteristica del famoso modello " toyotista "Il. Questo modello tende oggi a disgregarsi per effetto della deregolamentazione e della riduzione del ruolo dello Stato, dell’attrattiva della speculazione finanziaria a detrimento degli investimenti, del drammatico apprezzamento della yen e del dinamismo minimo delle esportazioni. I giapponesi vivevano su un compromesso sociale che assicurava la stabilità nell’espansione: il miglioramento del livello di vita era contenuto in cambio della sicurezza del lavoro. Con una disoccupazione al 3% (ma che molti esperti valutano in realtà al 9%), questo contratto sembra ormai stracciato. I licenziamenti non sono più rari, il che comincia a provocare un cambiamento degli atteggiamenti verso il lavoro e la produttività: un recente sondaggio dell’istituto Hakuhodo mostra che il 68% dei giapponesi di età compresa fra i 30 e i 40 anni preferisce godersi la vita piuttosto che essere promosso ad un posto di maggiore responsabilità. Gli impiegati sono sempre meno esitanti di fronte alla prospettiva di prendere un periodo più lungo di ferie, e l’intero sistema di relazioni sociali che esisteva all’interno delle imprese oggi è contestato. A causa dell’assenza di scorte, il sistema di gestione a flussi tesi, che deve anche adattarsi alla sfida delle delocalizzazioni, si rivela particolarmente vulnerabile agli scioperi, che un tempo erano rarissimi. L’allocazione di capitale tende a privilegiare i settori più immediatamente redditizi, lasciando sempre maggiore spazio ai mercati di capitali e alla concorrenza fra operatori finanziari, tendenza che contraddice le basi dello schema industriale nipponico.

Sul piano internazionale, il rallentamento della crescita nei paesi industrializzati riduce per il Giappone la possibilità di ricorrere al motore dell’esportazione. Tokyo deve quindi sempre più rivolgersi al mercato interno, accrescendo nel contempo le importazioni per assorbire eccedenze commerciali diventate politicamente ingestibili. E l’immigrazione, che ha già oltrepassato una soglia simbolica (un po’ più dell’1 % della popolazione) in un paese che aveva eretto a dogma la coesione etnica, probabilmente continuerà ad aumentare, non foss’altro che per compensare gli effetti dell’invecchiamento.

Si assiste dunque attualmente alla moltiplicazione degli indizi che portano a dubitare dell’" eccezione giapponese ", così come un domani si potrebbe du bitare dell’" eccezione coreana " e dopodomani del I’" eccezione cinese ". Per contro, si può notare un tendenza alla "riconversione sull’Asia", che impre gna i comportamenti e favorisce nuove identificazio ni. E non è neppure escluso che l’impatto in camp sociale delle tecnologie del futuro, il cui sviluppo oggi costituisce la priorità ufficiale del MITI, riattivi i temi tradizionali di un Giappone consensuale.

" Il Giappone è il punto d’incontro tra la modernit postindustriale e l’arcaismo ", assicura il giovane fil sofo Akira Asada. – Il calcolatore ha sostituito la ma dre, gli operai assegnano nomi mitologici ai loro ro bots, la televisione è ad alta definizione, ma fa vede re soltanto samurai "Il. Ed Eric Seizelet aggiunge " Da un lato, il Giappone contemporaneo flirta con Ie utopie futuriste di un "al di là della modernità", nelle quali si trasforma in una "nazione tecnoscientifica’ (gijutsu rikkoku) immersa in un mondo globale, ove l’universalizzazione dei significati risolverà una volta per tutte il problema lancinante della comunicazione con l’ambiente che lo circonda. Dall’altro, la società non è sorda alle visioni retrospettive delle idiosincrasie culturaliste, che vantano la preservazione della sua "anima contadina", il cui scopo è viceversa fare da schermo alla mondializzazione "’.

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