Diorama

Mensile di attualità culturali e metapolitiche diretto da Marco Tarchi

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Gusto dell’ordine

18 Luglio 2007 Redazione

 

Gusto dell’ordine, del bene comune e del lavoro

Bisogna infine tener conto dei famosi " valori asiatici ", di cui l’ex primo ministro di Singapore, Lee Kuan Yew, si fa regolarmente cantore. Valori che è facile riassumere: una priorità assegnata alla famiglia o al clan rispetto all’individuo, una preferenza per l’ordine e per il bene comune piuttosto che per la libertà individuale, una credenza incrollabile nelle virtù del lavoro e dell’educazione, un gusto pronunciato per il risparmio e per l’assiduità.

Spesso accostati alle virtù confuciane, questi valori si ritrovano sia nei paesi dell’Asia orientale, che utilizzano la scrittura cinese da migliaia di anni (Cina, Corea, Giappone, Vietnam), sia nei paesi dell’Asia del Sud-Est, percorsi da lingue e religioni differenti. " Seppure esistono una molteplicità di popoli e culture asiatici -, ha dichiarato di recente Lee Kuan Yew, " esiste anche un’autentica "comunità asiatica", con caratteristiche fondamentali condivise. I bisogni della comunità hanno la priorità sui bisogni dell’individuo (in America accade esattamente il contrario). La famiglia ha un carattere sacro. I genitori hanno la precedenza sui figli, e questa gerarchia è molto importante. Il che non vuoi dire che non esistano forti personalità, individualità notevoli Oltre a collocare i valori familiari al di sopra dell’egoismo e la comunità al di sopra dell’individuo, per noi il lavoro viene prima del tempo libero ".

 

  Nel caso della Cina, certo non tutto va ricondotto alla tradizione confuciana, del resto oggi assai meno presente nel continente che all’interno della diaspora, ma è nondimeno significativo che il confucianesimo, a lungo accusato in Occidente di fare da ostacolo alla modernità, e nella Cina di Mao Zedong di costituire un’eredità feudale ", ricompaia oggi massicciamente a Pechino, sotto la denominazione di " costruzione della civiltà spirituale ", e venga abitualmente presentato in Occidente come il " segreto  dello sviluppo asiatico’.

Il pensiero di Confucio (552-479 a.C.), personaggio appartenuto, a quanto si dice, all’aristocrazia guerriera della Cina del Nord, si presenta sotto forma di commento a testi sacri: " lo non invento niente, trasmetto ". E mira a inserire in un sistema normativo i comportamenti umani assegnando loro due valori cardinali, la benevolezza e la sincerità, nonché un principio regolativo, i riti, che consente all’individuo di partecipare all’armonia generale del mondo fissando autonomamente un limite ai propri desideri "I.

La concezione asiatica del mondo è vicina a quella di Eraclito: l’ultima parola delle cose non è la stabilità dell’essere ma la permamenza del divenire. La filosofia e la saggezza consistono nell’adattarsi agli ordini eterni del mondo (tao) e alle esigenze della vita sociale, che a loro volta discendono dall’armonia cosmica. Un principio fondamentale vuole che ]’Uno non possa essere separato dal Molteplice, né il Molteplice dall’Uno. Il pensiero morale asiatico è un pensiero senza dogmi né "comandamenti", che non si deduce da alcun obiettivo situato nell’aldilà. Niente gli è dunque più estraneo dell’idea di un mondo concepito come un materiale da modellare secondo norme etiche, vale a dire l’idea di un " trattamento razionale del mondo " (Max Weber). Essendo il reale inteso prima di tutto come processo ed essendo ogni situazione definita come dispiegamento di ciò che è in corso, l’atteggiamento morale consiste nel conformarsi all’ordine regolativo del mondo sposando tale movimento della realtà in costante rinnovamento. Questo atteggiamento morale è dunque eminentemente contestuale, ma non opportunista. Obbedisce ad un’esigenza di regolazione, che spinge ad adattarsi alla trasformazione delle cose.

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