Diorama

Mensile di attualità culturali e metapolitiche diretto da Marco Tarchi

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La destra e la sinistra

17 Luglio 2007 Redazione

 

2. La destra di sinistra

 

In occasione del centenario del caso Dreyfus, Jacques Chirac ha inviato ai discendenti di Emile Zola e di Alfred Dreyfus una lettera nella quale, rammentando quel " colossale errore giudiziario e vergognosa compromissione di Stato ", afferma che Emile Zola, " nel solco di Voltaire ", incarna " il meglio della tradizione intellettuale ". Ovviamente, si potrebbe ironizzare sulla scelta degli autori di cui il presidente francese ha evocato i nomi. In fin dei conti, entrambi espressero ai loro tempi opinioni che oggi finirebbero nel mirino della legge Gayssot sull’" incitamento all’odio razziale ". Nel 1764, Voltaire scriveva nel Dictionnaire philosophique che " gli ebrei sono solo un popolo ignorante e barbaro che da molto tempo unisce la più ripugnante avarizia e la più abominevole superstizione a un odio inestinguibiíe per tutti i popoli che li tollerano e grazie ai quali si arricchiscono ". Quanto a Zola, da L’argent alla serie dei RougonMacquart, non c’è un solo stereotipo antisemita che non abbia fatto suo. Ma è chiaro che non è a questi aspetti che Chirac voleva alludere. Lungi dall’essere aneddotica, la sua affermazione è comunque rivelatrice. Qualunque uomo di sinistra, da Lionel Jospin ad Aiain Krivine, da Robert Hue a Jack Lang, sottoscriverebbe infatti volentieri l’idea secondo cui Voltaire e Zola incarnerebbero il " meglio della tradizione intellettuale " francese. Pochi uomini di destra, invece, sarebbero portati a condividere questa opinione, proprio perché sanno bene che Voltaire e Zola oggi passano per grandi antenati dell’intelligencija di sinistra, e che gli intellettuali di destra generalmente dispongono di altre referenze. Nella circostanza, Chirac ha dunque parlato da uomo di sinistra.

Com’è possibile cìò? Lo è semplicemente perché, nel campo della cultura e delle idee, la destra a cui egli si richiama dice regolarmente le stesse cose della sinistra. E le dice perché è storicamente uscita dalla stessa matrice filosofica della sinistra, ovvero dalla filosofia dei Lumi, che nell’arco di due secoli ha partorito in sequenza il liberalismo, il socìaiismo e il marxismo. Certo, pur partendo da un’eredità comune, con il tempo una "destra" e una "sinistra,, si sono progressìvamente differenziate. Ma è soprattutto nell’ambito economico e socìaie che le loro differenze si sono affermate, peraltro molto più sulla scelta deì mezzi che sulla determinazione degli obiettivi. Nel campo culturale e intellettuale, esse parlano pressoché all’univoco. Lo ha dimostrato ancora una volta, a suo modo, la recente disputa sul Libro nero del comunismo: se tanti commentatori si ingegnano oggì a distinguere la "buona " ispirazione del comunismo dai suoi sanguinosi esiti, perché quell’ispirazìone non si differenzia fondamentalmente dalla loro. Dichiarandola " buona ", non ne dimostrano la gìustezza. Si limitano a confermare di potersi riconoscere nelle idee che la sottintendono.

 " Il problema permanente della destra, e la fonte del suo malessere attuale ", ha scritto Jacques Juiiiard, " sta nel fatto che i suoi valori di riferimento continuano ad appartenere originariamente all’altro campo " ", Le Nouvel Observateur " del 22 gennaio). Ernst Júnger lo aveva osservato già nel 1945: " t la sinistra a sottomettere a sé la destra da più di centocinquanta anni; non l’inverso ". E assolutamente esatto, ed è nella logica delle cose, dal momento che quella destra è nata a sinistra. Essendo nata a sinistra, con l’ideologia dei diritti dell’uomo a cui essa pure si richiama, non può caricarsì senza disagio né della sua identìtà né del suo passato. Essendo nata a sinìstra, soffre di un deficit permanente di legittimità. Essendo nata a sìnistra, non può che collocarsì al centro – un centro nel quale a sua volta la sinistra, rinvenuta dalle speranze rivoluzionarie e ormai convertitasi al riformismo sociaidemocratìco, si insedia sempre più, con la conseguenza drammatica che la creazione di questo grande blocco centrale respinge gli scontenti verso le estreme, impedendo ogni autentica alternanza.

E’ vero che i concetti di destra e di sinistra oggi nelle mentalità sono offuscati. Ma, se si offuscano, ciò accade proprio perché i grandi partiti che ne hanno a lungo portato i colori hanno sempre più preso coscienza, cammin facendo, dell’inconsistenza di quel che li separa. Ormai non c’è più nulla di sostanziale che differenzi i loro "valorì". Le loro scelte si awicinano, i loro programmi si spostano verso il centro, e l’opinione prevalente è che dicano tutti quanti più o meno la stessa cosa. Ancora ieri, essi credevano di appartenere a famiglie diverse. Oggi capiscono di essere stati solo dei fratelli nemici, che possono sì ancora polemizzare su questo o quel punto ma fanno spontaneamente – del tutto naturalmente, si sarebbe tentati di dire – fronte comune per demonizzare e rigettare nelle tenebre esterne qualunque destra che sia una destra vera, con i propri riferimenti, i suoi autori, la propria antropologia, la propria sociologia, la propria visione del mondo, dell’uomo e della società.

Beninteso: come ci sono sempre state varie sinistre, così esistono varie destre: una destra controrivoluzionaria e una destra rivoluzionaria, una destra repubblicana e una destra monarchica, una destra nazionalista e una destra federalista, e così via. Ma perlomeno esse hanno un punto in comune: sono vere destre. La dichìarazìone di Jacques Chìrac vale come sintomo, giacché consente di capire a quale destra egli appartenga. Chirac appartiene a quella destra che rimprovera alla sinistra i suoi orientamenti economici ma si guarda bene dal contestarne i punti di vista ìntellettuali e ideologìci. E’ una destra che, ìn fondo, condivide la visione del mondo della sinistra, accontentandosi di tagliarne fuori la solidarietà e aggiungervi l’apologia del profitto. è una destra di sinistra. Insomma, non è affatto una destra.

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