TRASGRESSIONI
NUMERO 25 – gennaio-aprile 1998
CONFRONTO

Charles Champetier : Multiculturalismo : la forza delle differenze
Clause Karnoouh : Logos senza ethos. Su interculturalismo e multiculturalismo
SAGGI
Dick Pels : Il fascismo e il primato del politico
Manuela Alessio : La comunità dei senza nome. Ernst Wiechert ed Ernst Junger a confronto.
NOTE E DISCUSSIONI
Marco Tarchi : Il "crimine" etnopluralista
Alfredo Mason : La costruzione del potere in un mondo multipolare
Antonio Castronuovo : Per una teoria del dilettante
IL TESTO
Pitirim A.Sorokin : La mia filosofia è l’integralismo
Recensione, tratta dal numero 216 di "Diorama Letterario"
TRASGRESSIONI (Italia)
numero 25 – gennaio-aprile 1998
pp. 128 lire 10.000
Giorno dopo giorno, i quesiti sul come comportarsi di fronte alla crescente ondata migratoria che si abbatte sui paesi europei si fanno più urgenti. Ma gran parte della classe politica e degli ambienti intellettuali preferiscono eluderli spostando il discorso sul terreno delle contrapposte mozioni degli affetti. Ci tocca così assistere a un frusto gioco delle parti, dove la demagogia è la merce più corrente. Da un lato pontifica il fronte umanista e progressista, minoritario tra la gente comune ma in netta preponderanza nei capannoni della fabbrica del consenso, convinto (probabilmente non a torto) di poter convincere il grande pubblico della necessità dell’immigrazione dal Terzo Mondo a suon di storie di vita vissuta intrise di stenti e miseria e di severe reprimende colpevolizzanti sull’egoismo dei ricchi borghesi d’Occidente, insensibili al dramma dei fratelli sfortunati. Dall’altro ulula il fronte conservatore e d’ordine, che spera di incamerare i consensi del popolo indigeno delle periferie promettendogli utopici rientri in massa degli "invasori" alle terre d’origine e attingendo al ben fornito arsenale degli stereotipi xenofobi, che di alcune fotografie realistiche della realtà fa rapidamente un fotomontaggio da grand guignol. E in mezzo ai litiganti prospera l’inettitudine di chi ha il compito istituzionale di assumere decisioni e lo adempie a suon di palliativi e rinvii.
Accettare questo status quo sembra diventato la regola, e guai a chi fa commenti fuori del coro. Le regole del politically correct sono così inflessibili che, per pubblicare un saggio di Marzio Barbagli su Immigrazione e criminalità in Italia dove il nesso fra i due fenomeni è onestamente messo in evidenza, Il Mulino deve pubblicare in copertina la formuletta paracadute "Una coraggiosa indagine empirica su un tema che ci divide" e i giornalisti che recensiscono il libro devono premurarsi di far sapere al lettore che l’autore è comprovatamente di sinistra ed è tanto, tanto dispiaciuto di aver scoperto i dati riportati nella sua ricerca.
Chi guarda alla cultura con occhio metapolitico – convinto, cioè, che le idee possano e debbano servire anche a cercare soluzioni ai grandi problemi che la collettività si trova di fronte – non può però accontentarsi di questa pantomima: deve scavalcare riti esorcistici e frasi fatte per identificare le vere questioni che stanno sullo sfondo del fenomeno migratorio, affrontarle in modo realistico e suggerire vie d’uscita da quello che rischia di essere uno dei dilemmi più drammatici del nostro futuro. E a questa responsabilità non poteva sottrarsi una rivista di idee non conformiste quale pretende di essere Trasgressioni, che nel suo venticinquesimo numero mette a confronto, in apertura, le opinioni di Charles Champetier e Claude Karnoouh sugli scenari multirazziali che il XXI secolo ci va preparando.
Parliamo di un confronto perché le tesi dei due studiosi francesi puntano su direzioni diverse, offrendo al lettore materia su cui meditare. Comune a entrambi è la convinzione che con la società multietnica si debba comunque fare i conti, lasciando ai tribuni della plebe i sogni di inversione del pendolo destinati a ridare di qui a poco alle nazioni la perduta omogeneità di origini. Qui si arresta però la concordanza; sul come affrontare la situazione, i pareri divergono. Dal saggio di Champetier emerge sin dal titolo (Multiculturalismo: la forza delle differenze) una doppia convinzione: a) che l’unico modo coerente per organizzare pacificamente una società plurietnica sia riconoscere apertamente le diversità culturali che ne stanno alla base e consentirne il libero sviluppo; b) che la costruzione di una realtà "plurale" su base comunitaria non sia un rivelatore della debolezza dei paesi che scelgono questa via, ma al contrario un elemento tonificante di fronte ai rischi di disgregazione che attanagliano in tutta Europa gli Stati nazionali. L’argomentazione è svolta soprattutto in polemica con i fautori della soluzione assimiliazionista e omologante, pomposamente battezzatasi con l’etichetta di "scelta repubblicana". L’intervento di Karnoouh (Logos senza ethos) punta invece a demistificare la retorica dell’interculturalismo e del multiculturalismo, concetti a suo avviso né innovativi né adatti a risolvere "gli annosi problemi dei conflitti tra maggioranza e minoranze". Diversamente da Champetier, l’etnologo difende in sede storica la nascita degli Stati nazionali, sostenendo che essa tese "all’intensificazione dell’interculturalità europea". I bersagli polemici dello scritto sono molti e importanti: dalla globalizzazione, espressione di quella "espansione senza fine [che] costituisce l’essenza stessa del capitalismo" a Internet, "espressione di un concatenamento planetario della comunicazione che prepara già adesso la creazione di nuove merci", dall’invasione della psicologia consumista che ci prepara un mondo "in cui le sole differenze culturali si manifesteranno fra chi preferirà la Coca-Cola e chi la Pepsi-Cola, fra gli adepti del MacDonald e quelli del Kentucky Fried Chicken" al Global village, di cui il multiculturalismo non è altro che la "faccia seducente". Da una parte e dall’altra gli argomenti spesi sono numerosi e di qualità. In assenza di spazio per enunciarli, lasciamo il piacere di scoprirli a tutti i lettori di "Diorama". Tutti, sì, perché a nessuno di coloro che apprezzano la nostra rivista dovrebbe sfuggire la necessità di attingere regolarmente a quella piccola ma ricca miniera di idee che è il quadrimestrale che stiamo recensendo.
Chi avesse dei dubbi sulla bontà del nostro invito, potrà facilmente toglierseli leggendo qualcuno degli altri articoli compresi nel sommario di Trasgressioni-25 (che è in vendita in tutte le librerie del circuito Feltrinelli: basta chiederla…). Ognuno meriterebbe una presentazione approfondita, ma non possiamo strafare. Ci accontentiamo perciò di raccomandare con particolare fervore l’ottimo saggio di Dick Pels Il fascismo e il primato del politico, tanto denso nei contenuti quanto scorrevole nella forma. Fulcro dello studio è il passaggio del concetto di autonomia del Politico attraverso vari ambiti culturali: dal "socialismo tedesco" preconizzato da Dühring e teorizzato da Sombart alla Rivoluzione Conservatrice tedesca (di notevole interesse le pagine dedicate alle idee di Hans Freyer, Ernst Jünger e Carl Schmitt), ai teorici del fascismo, Gentile in testa, a non conformisti di sinistra come Hendrik de Man e Marcel Déat, attratti dal mito del "socialismo nazionale", sino ad arrivare – sorpresa! – ad esponenti della sinistra radicale del dopoguerra come Ernesto Laclau, Chantal Mouffe e Claude Lefort, agli animatori della rivista newyorkese "Telos", seguaci del pensiero critico francofortese ormai "contaminati" dallo schmittismo e interlocutori della Nouvelle Droite.
Tutto ciò detto, o per meglio dire accennato, non resta spazio per commentare decentemente il resto del fascicolo di Trasgressioni. Limitandoci a brevissimi cenni, segnaliamo in ordine di pubblicazione il saggio di Manuela Alessio La comunità dei senza nome, che mette a confronto le idee sul rapporto guerra-anomia-comunità di Ernst Jünger e di Ernst Wiechert, di cui è stato di recente riproposto al pubblico italiano da Bompiani il romanzo di guerra Ognuno, e, nella sezione "Note e discussioni", i contributi di Marco Tarchi (Il "crimine" etnopluralista, una replica critica ai demonizzatori del neo-regionalismo che riprende alcuni dei temi di attualità presenti nel dialogo Champetier-Karnoouh), Alfredo Mason (La costruzione del potere in un mondo multipolare) e Antonio Castronuovo (il brillante e curioso Per una teoria del dilettante).
Fa storia a sé il "testo" presentato in questo numero: uno scritto degli anni Cinquanta del sociologo russo Pitirim Sorokin (La mia filosofia è l’integralismo) che, oltre ad offrire una interessante panoramica autobiografica dell’avventurosa vita dell’autore, consente di misurarne l’acume metapolitico nella esposizione di un’inconsueta "filosofia dell’amore" tanto lontana dall’incosciente buonismo oggi in voga quanto vicina allo spirito solidale e antiutilitarista di certi filoni del comunitarismo attuale.
(Per abbonarsi a TRASGRESSIONI – un anno, tre numeri effettivi – occorre inviare 30.000 lire sul conto corrente postale 20468500 intestato alla Cooperativa La Roccia di Erec, Casella postale 1.292, 50122 Firenze 7. Per l’offerta speciale di acquisto dei numeri arretrati, si veda la seconda pagina di copertina di questo fascicolo di "Diorama")
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